Avvocato Marco Colapinto

La contraffazione della targa di un veicolo ed il cd. falso grossolano

Modificare una targa identificativa di un veicolo integra il delitto di falsità materiale commessa dal privato ai sensi degli artt. 477 e 482 codice penale. Ma quali le conseguenze se dai fotogrammi allegati ad un verbale di sanzione amministrativa per violazione al codice della strada risulti palese la contraffazione?

Come è noto, il principio di offensività subordina la sanzione penale all’offesa di un bene giuridico, tanto nella forma della lesione, intesa come nocumento effettivo, quanto in quella dell’esposizione a pericolo, concepita in termini di nocumento potenziale. Esso ha fondamento in diverse norme costituzionali (artt. 13, 21, 25 co. 2, 27 co. 3). Nella legge ordinaria vengono in rilievo gli artt. 49 co 2 e 115 c.p. 

L’art. 49 co. 2, in particolare, esclude la punibilità quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso. In dottrina, alla tesi ormai minoritaria che vede nel reato impossibile un doppione del tentativo di cui all’art. 56 c.p., se ne contrappone altra maggioritaria che attribuisce una posizione autonoma all’istituto previsto dall’art. 49 co. 2 c.p.. Secondo questa concezione realistica del reato, dunque, solo dopo aver vagliato la corrispondenza del fatto concretamente posto in essere al modello legale, il giudice dovrà accertare se l’azione abbia realmente determinato una lesione del bene protetto. Se a seguito di tale valutazione il fatto risulti carente di un risultato lesivo si sarà in presenza di un reato impossibile. In giurisprudenza vi sono alcune pronunce concordi secondo cui l’inidoneità dell’azione “va accertata alla stregua delle circostanze obiettive del caso concreto, secondo un giudizio ex post” (v. Cass. Pen., 15 maggio 1989, in Cass. Pen., 1991, I, 572, nota di Castellani). Vi è altro indirizzo, che pare avere maggior seguito, secondo cui l’inidoneità dell’azione andrebbe accertata attraveso un giudizio ex ante ed in concreto, volto a verificare l’incapacità, intrinseca ed originaria dell’azione di cagionare l’evento offensivo.

I reati contro la fede pubblica sono il tradizionale campo di applicazione dell’istituto del reato impossibile. Basti rammentare che nella relazione ministeriale del guardasigilli Rocco si leggeva che “…resta perfettamente vero che falsitas non punitur quae non solum non nocuit, sed non erat apta nocere“. 

Tra le falsità cd. tollerabili, e dunque non punibili, si annovera, oltre al falso inutile ed a quello innocuo, il cd. falso grossolano.
Il
 falso grossolano si ha allorchè la falsità è così immediatamente riconoscibile da non poter far cadere in errore alcuna persona. Si tratta di una contraffazione o alterazione facilmente avvertibile da chiunque, in tal modo essendo più che improbabile l’offesa alla pubblica fede; l’imperizia e cattiva destrezza nell’esecuzione comportano che nessuno dei destinatari dell’atto potrebbe mai scambiarlo per vero. Secondo la giurisprudenza perchè possa dirsi integrato il delitto di cui all’art. 482 c.p. è necessario che si realizzi l’immutatio veri concretante l’alterazione del documento. Detta alterazione, perchè non risulti “grossolana”, ergo non punibile, deve risultare assai sofisticata, non visibile affatto ad occhio nudo e, pertanto, idonea a trarre in inganno anche persone di normale attenzione e diligenza (Cass., Sez. feriale penale, 17 ottobre 2007, n. 38479). Si pensi, al cd. falso nummario: la giurisprudenza ha ritenuto che in tale ipotesi il reato impossibile ricorra “quando il falso sia riconoscibile ictu oculi dalla generalità dei consociati espressa dall’uomo qualunque, di comune esperienza” (Cass., Sez. V, 15 dicembre 1993, in Riv. pen., 1994, 1151).

In generale, si richiede, per qualificare una falsificazione grossolana, che la falsità appaia immediatamente, senza la necessità di una specifica ed accurata indagine tecnica suppletiva; che sia, quindi, percepibile da chiunque, e non solo da un esperto.

Si segnala, di recente e proprio in un caso di falsificazione di targa veicolare, che la Suprema Corte ha escluso che il falso fosse grossolano soltanto perchè “l’alterazione della targa ha reso necessari più accertamenti della Polizia stradale e non sarebbe stata riscontrata da chiunque ad un esame superficiale” (Cass., Sez. V Pen., Sentenza n. 25766 del 7 aprile 2015, dep. il 18 giugno 2015). Secondo la giurisprudenza “quel che rileva è la formazione di una durevole, quand’anche non definitiva, falsa realtà documentale utilizzata per la messa in circolazione del veicolo senza possibilità di puntuale identificazione“.
Da ultimo, vale la pena rammentare un precedente secondo cui nella condotta concreta, non solo non rileva l’interferenza con l’illecito amministrativo di cui all’art. 100, co. 12, C.d.s. (circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta), ma nemmeno si realizza la fattispecie incriminatrice “poichè gli atti di falsificazione, di manomissione o di alterazione della targa originaria postulano, come ogni condotta di falso documentale una modificazione durevole, e non soltanto un ostacolo provvisorio alla lettura dello stesso” (Cass., Sez. V Pen., Sentenza n. 1468 dell’11 novembre 2010, dep. 19 gennaio 2011).

Ciò premesso, alla luce di queste considerazioni, la conclusione è che se l’alterazione della targa di un veicolo sia visibile ad occhio nudo, dall’uomo comune, senza necessità di alcuna indagine tecnica, dunque sia imperita e maldestra, ricorre l’ipotesi del falso grossolano, non punibile per inidoneità dell’azione ad offendere o mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma penale.